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Candomble “on the move”

Il Candomblé è un culto di possessione-divinazione di origine africana che si è sviluppato nel Centro-Sud America. Insieme al Vodou è la più diffusa religione (geograficamente e numericamente) e la più attuale; crede nell’esistenza di esseri sovrannaturali (Orixás) e nella loro manifestazione sul piano umano attraverso la possessione, che avviene in stato di trance indotta da danze e percussioni; queste entità sono spesso invocate per ricevere vantaggi materiali e comunicano con gli uomini anche tramite responsi, da cui l’importanza dell’aspetto divinatorio nel cosiddetto jogo de buzios (lancio di conchiglie).

Josè Medeiros, Candomblè, via pinterest.com.uk

Paradiso in terra

Ciascun Orixá ha un “carattere” proprio e delle prerogative, e compongono un insieme ricco e articolato; non si può però parlare di politeismo “in senso greco”, perché di fatto non costituiscono un pantheon ordinato e distinto dalla realtà umana: nella maggior parte dei casi non si conoscono tra di loro e l’unico scopo è vivere attraverso la possessione dei fedeli, che per devozione offrono il loro corpo, perché questo mondo (aié) è il migliore dei luoghi possibili. Per lo stesso motivo si crede nella reincarnazione: i morti ritornano perché qui si vive bene.

Sostrati culturali

Il Candomblé è un sincretismo, risultato di fattori unici e irripetibili, tra l’héritage africano (in particolare yoruba, etnia numerosa e dal forte senso identitario proveniente dalla Nigeria), il cattolicesimo delle élites europee e le religioni delle popolazioni indigene come i Tupì Guaranì. Vi contribuì, inoltre, la religiosità popolare della cosiddetta “massa bianca”, i contadini (campesinos) della vasta regione del Sertão, influenzata da personaggi carismatici che nella storia recente hanno guidato movimenti profetici di riscatto sociale in cui trovavano eco persino le gesta cavalleresche della letteratura portoghese del Cinquecento.

Camouflage

In Brasile la schiavitù fu abolita nel 1888, un anno prima della proclamazione della Repubblica. Gli schiavi neri, che risiedevano soprattutto a Salvador de Bahia, una volta affrancati riuscirono a godere di una maggiore libertà di movimento e di aggregazione; furono impiegati nelle grandi città (Salvador, San Paolo, Rio, e più a nord San Luis e Recife), nelle case dei bianchi acquisirono familiarità con un’iconografia cattolica dal gusto barocco e impararono a dissimulare gli Orixás dietro le sembianze dei santi. Per delle qualità acquisite, altre se ne persero: gli Orixás avevano, in terra d’Africa, una funzione totemica, rappresentavano cioè gli antenati di un clan e attraverso di loro si stabilivano le leggi di parentela; questo aspetto andò completamente perduto nel nuovo Continente, dove lo sradicamento e la necessità di adattamento frantumarono i vecchi rapporti famigliari.

Identità brasiliana

La Chiesa cattolica, soprattutto con le missioni gesuitiche, fu ferrea. I neri si riunivano clandestinamente in luoghi chiamati terreiros, guidati da un pai o mãe de santo (lett. figlio o figlia del santo) che ne gestiva gli aspetti religiosi ed economici (ogni operazione rituale richiede un compenso). Ai primi del Novecento, però, si verifica un’inversione di tendenza: mentre l’identità del giovane Paese multietnico si andava formando, gli ambienti colti cittadini si incuriosiscono alle culture tradizionali e si lasciano particolarmente sedurre dall’africanità. Questo avvicinamento ha permesso uno scambio di codici religiosi e il Candomblè degli anni Trenta sarà a sua volta “contaminato” da idee e teorie che animavano i salotti borghesi, come il mesmerismo, tecnica di magnetismo ipnotico sperimentata (ma non accertata scientificamente) dal medico tedesco Franz Mesmer nel primo Ottocento, e lo spiritismo in voga un secolo più tardi.

Antropologia urbana

Gli anni Sessanta vedono un rapido e dilagante proliferare di questo culto in Brasile con una vera e propria esplosione negli anni Settanta. L’interesse delle accademie è pressoché immediato: all’Università di San Paolo il sociologo Reginaldo Prandi dedica al fenomeno un lungo e approfondito studio (Os candomblés de Sao Paulo, 1991; Segredos guardados, 1995; Mitologia dos Orixás, 2001; Oxumarê O Arco-Íris, 2010 ecc.); il dipartimento di Storia delle religioni della Sapienza di Roma conduce sul campo una ricerca in équipe con gli atenei brasiliani in diverse fasi tra il 1989 e il 1995, e parte di questa sintetica esposizione fa riferimento a un corso monografico sull’argomento.

L’oggetto del desiderio

Le metropoli brasiliane sono realtà in forte espansione dove si può trovare un’enormità di informazioni e si incontrano molte provenienze diverse. Dopo vent’anni di regime (dal 1964 la dittatura militare, le prime elezioni democratiche nel 1985), il Candomblé contemporaneo sta vivendo una rinnovata notorietà adeguandosi alle esigenze di qualsiasi natura; le aspirazioni sono materiali (denaro, amore, successo), le richieste sono tante e il consumismo religioso spinge a cercare risposte più adeguate; gli Orixás, sciolti gli antichi vincoli tribali, si sono resi accessibili a tutti: essi aspirano a questo mondo, assicurano il loro intervento e promettono risultati straordinari.

Il Candomblé non implica un atto di fede: si ammette la frequenza occasionale e partecipare a un rito o rivolgersi per un consulto non compromette l’appartenenza a un’altra confessione. Non esiste un canone dottrinale: i terreiros sono indipendenti, non sono sottoposti al controllo di alcuna gerarchia e spesso si trasferiscono da un luogo all’altro del vasto territorio brasiliano.

Verde, nero e rosa

Il Candomblè è il prodotto della mediazione con gli ambienti benestanti e colti che, mentre promuovevano lo studio e il recupero della cultura e della lingua yoruba, dall’altra, grazie al capitale e alle relazioni politiche, si assicuravano ruoli di prestigio. Oggi i pais/mães de santo, in maggioranza bianchi, compaiono in programmi tv come Saude alternativa (salute alternativa), promuovono una interpretazione degli Orixás come “spiriti naturali” e si fanno portavoce di campagne ambientaliste.

Gli Orixás hanno delle caratteristiche inconfondibili e sono dotati di forte personalità; quando “possiedono”, annullano l’identità di chi li riceve e la sostituiscono con la propria. Non ci sono regole “di genere”, un’entità femminile può animarsi in un corpo maschile e viceversa; l’omosessualità è pienamente accettata, ricevere Orixas femminili permette di diventare donne a tutti gli effetti durante la possessione. Il Candomblè “in nero” è invece quello eletto a centro di resistenza culturale africana. 
(Candomblé in pink, green and black. Re-scripting the Afro-Brazilian religious heritage in the public sphere of Salvador, Bahia Social Anthropology n. 13, 2005)

Flexible thinking

La capacità di adattamento ha consentito al Candomblè di raggiungere un numero sempre più vasto di fruitori. In questo processo si è in parte persa l’originale “memoria africana” ma se ne è acquisita una nuova, specificamente “brasiliana”, fatta di vivace celebrazione di questa vita, di desideri concreti e impulsi umani, non ultimo quello erotico.

Oggi il Candomblè non è più il culto marginale di una popolazione semialfabetizzata, ma una sintesi al tempo stesso colta e popolare. Fortemente osteggiati dalle chiese cattolica e pentecostale e ancora oggetto di atti persecutori e manifestazioni di intolleranza, i culti di derivazione africana sono la linfa vitale di una religiosità che permea l’America centro-meridionale con la sua moltitudine di santi, spiriti e dèi e lusinga persino i vertici di potere, tanto che l’ex presidente brasiliano Henrique Cardoso ha definito se stesso “un cartesiano con un tocco di Voodoo”.

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