Passa ai contenuti principali

Native American Church

Diritti negati, conflitti, ingiustizie arbitrarie: in America i Nativi americani ancora combattono per la difesa della propria identità culturale e del diritto all’esercizio dei propri cerimoniali religiosi che ruotano attorno al consumo di “piante sacre”. La Oklevueha Native American Church (ONAC) è una organizzazione non-profit che si dedica alla conservazione, difesa e trasmissione delle religioni tradizionali dei Nativi d’America, alcune delle quali prevedono il consumo di sostanze psicoattive (peyote, ayahuasca, cannabis, funghi o altro) a scopi cerimoniali.

“Mosa-Mohave”, 1903, Honnold Library, Claremont. Via

Pur variando di Stato in Stato, negli Usa il diritto all’uso rituale di queste sostanze è garantito sia dalla Costituzione (1°, 4° e 14° emendamento) che dal Religious Land Use and Istitutionalized Persons Act del 2000, che difende gli individui, i gruppi e i luoghi di culto contro la discriminazione e l’intolleranza, soprattutto nelle zone di confine.

Battaglia legale

Eppure, i governi locali non sempre riescono, o hanno l’interesse, a difendere questo diritto. In seguito a ripetuti casi – il più recente in California – di abusi da parte delle forze dell’ordine contro i membri dell’ONAC (arresti e confische di beni, strumenti e terreni destinati a coltivazione di piante psicotrope), l’Associazione ha deciso di intervenire legalmente. A difendere la Chiesa dei Nativi americani sarà Matthew Pappas, specializzato in Costituzione e diritti civili e protagonista del recente processo per corruzione che ha coinvolto l’amministrazione di Palm Spring City e il dipartimento di Polizia di Santa Ana. 

Una cospirazione dei burocrati per sottrarre beni di valore ai nativi e ricavarne un guadagno: è la dura denuncia espressa più di un secolo fa da James Mooney (1861-1921), antropologo di origini irlandesi, che negli anni ’10 del ’900 aveva combattuto e vinto (insieme ad etnologi e botanici) la battaglia contro una proposta di legge federale, presentata dal Bureau of Indian Affairs (BIA), che espressamente vietava l’uso del peyote.

La pianta sacra

Nei territori meso-americani sottoposti a regime coloniale, già tra ’600 e ’700 erano diffusi tra le popolazioni locali nuovi movimenti religiosi profetici e salvifici: i seguaci di I-Itoy, per esempio, operarono un sincretismo tra Gesù (il dio dei bianchi) e Montezuma, sotto il cui regno avvenne il primo contatto con gli spagnoli: il leggendario imperatore un giorno sarebbe tornato (la profezia) per ristabilire il giusto ordine, cacciare il dominatore e ridare alle popolazioni locali la libertà, che in chiave religiosa diviene salvezza.

Bernardino de Sahagun, Historia general de las cosas de nueva España
(Codex Fiorentino), Libro II “ Le cerimonie”, 1577. Via

Un fenomeno analogo che ebbe una considerevole risonanza nella seconda metà dell’Ottocento fu la Ghost Dance, secondo la quale i morti sarebbero tornati per aiutare i vivi nella lotta di resistenza culturale contro il potere bianco. Il movimento ebbe un forte colpo d’arresto in seguito al massacro di Wounded Knee (Sud Dakota, 1890), in cui centinaia di indiani Lakota – uomini, donne, bambini – furono uccisi nella riserva in un attacco del 7° reggimento di cavalleria americano.

La soppressione della Ghost Dance non impedì tuttavia il formarsi di altri movimenti nativisti a sfondo salvifico come la Chiesa Peyotista (ancora attiva come Native American Church, NAC), dove il cactus dalle peculiari doti terapeutiche e allucinatorie (se ne conosceva l’utilizzo in Sierra Madre fin dal XVI secolo) diviene il centro di una complessa e articolata ritualità. In questo culto il peyote stesso diviene divinità e attraverso il suo consumo si rinnova la memoria ancestrale delle popolazioni indigene – le antiche divisioni non hanno più alcuna funzione, quello che conta è l’unione inter-tribale in nome di un riscatto comune da una condizione di sofferenza ed emarginazione.
“Quando tutte le genti avranno mangiato il peyote, il mondo avrà fine.”
Per approfondire: V. Lanternari, Movimenti religiosi di libertà e di salvezza dei popoli oppressi, 1960; G. Mazzoleni, Storia, religioni, culture, 2000.

Commenti

Articoli correlati