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Artemide, la danza e la luna

«Lei, che ha cari l’arco e la caccia alla lepre / e l’ampio coro e i giochi sui monti». Così Callimaco introduce Artemide, sorella di Apollo e figlia di Zeus e Latona, la vergine cacciatrice severa e selvaggia che ha dimora sui monti, in  luoghi lontani dal centro abitato , anche a giudicare dalla presenza dei santuari e dei sacri boschetti collocati in zone di confine o in prossimità di porti sulla costa. Ma a lei sono dedicati anche molti luoghi di culto nelle città più importanti dell’Ellade, caratteristica che le conferisce una eccezionale ricchezza di nomi. Di natura virtuosa, sana e ordinata, accanto all’aspetto selvatico spicca anche l’attitudine per il ballo: per lei le fanciulle Cariatidi eseguivano estetiche coreografie, adornate di giunco verde come fossero state delle piante danzanti. Testa colossale di Artemide, da un originale del V sec. aev ( fonte ) Principali fonti consultate: Callimaco,  Inno ad Artemide ,  εἰς Ἄρτεμιν  (Call. H 3);  Inno a Delo ,  εἰς Δῆλον  (Call. H

L’incantatrice. Un legamento d’amore

Considerato l’iniziatore della poesia bucolica, esponente del “polimorfismo ellenistico”, di Teocrito (Siracusa, 310/300 aev-260?) rimangono una trentina di carmi, componimenti diversi per tema e struttura raccolti sotto il nome generico di “idilli”, di cui tre “mimi”, dove cioè sono rappresentate, a imitazione della realtà, figure di gente comune nel concreto delle situazioni quotidiane e dei sentimenti che le animano. A caratterizzare la poetica di Teocrito è l’intensità psicologica dei personaggi, tracciata con tono realistico cui si si associa una intensa componente immaginaria ed emotiva. L’incantatrice è la protagonista dell’ Idillio II, di cui proponiamo il testo completo e la traduzione, descritta nell’atto di compiere un incantesimo d’amore . Franz Von Stuck, Tilla Durieux as Circe , 1913 ca. (via Wiki Commons ) La seduzione e l’abbandono / Dee, donne, streghe / Gli strumenti della magia / Le azioni della magia / Idillio II La seduzione e l’abbandono I perso

Arbores in deorum tutela. Gli alberi sacri agli dei

Dallo Yggdrasil della mitologia germanica all’albero della vita e della giovinezza in Mesopotamia, Iran, India, fino all’albero dell’immortalità e della sapienza nell’Antico Testamento, il susseguirsi di “morti” e “rinascite” degli alberi, secondo il loro ciclo stagionale, ha suggerito nelle diverse culture umane l’idea di rigenerazione, di eterna giovinezza, di salvezza, sapienza e immortalità. L’immagine dell’albero rappresenta la vita stessa, reale e sacra per eccellenza; il suo essere vivo e respirare è analogo al ritmico rinnovamento dell’universo, la sua capacità di rigenerarsi all’infinito, percepito come un attributo divino, ne fa un simbolo stesso del cosmo.  John William Godward,  Ancient Pastimes (particolare), 1916, via  Artnet Gli alberi sacri agli dei / Dica la gente ciò che le pare (una favola di Fedro) / Fillide, regina inquieta (un’egloga di Virgilio) Gli alberi sacri agli dei I vegetali, prodotti dalla terra e che da essa vengono fuori («terra edita et inde eruta

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