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La biblioteca magica di John Dee

Un tesoro, tra libri e oggetti, è stato per la prima volta in mostra a gennaio (2016) presso il Royal College of Physicians di Londra, dove è conservata la più vasta collezione di volumi appartenuti all’enigmatico John Dee (1527-1608/09), scienziato, cortigiano e mago.

An Alchemist, olio su tela, Wellcome Library. Via Wiki commons

Conversazioni con gli spiriti

Dal British Museum provengono alcuni degli oggetti in mostra tra cui la sfera e il disco magico per contattare gli spiriti, lo specchio per predire il futuro e il cristallo che, affermava, gli era stato donato dall’angelo Uriel insieme alla formula segreta per ottenere la pietra filosofale.

Il sospetto della magia

John Dee apparteneva a una generazione in cui le discussioni filosofiche sulla magia stavano per essere declassate a “stregonerie” da popolino superstizioso e in odore di eresia, per questo la sua figura è storiograficamente controversa.

Morì in povertà nel 1608 o 1609 e solo di recente la sua memoria è stata riscattata dall’oblio in cui era caduta a causa della sua reputazione di occultista: un pregiudizio, secondo alcuni, diffuso dai detrattori, ed è stato piuttosto riconosciuto come importante uomo di scienza nel contesto di generale progresso tecnologico dell’Inghilterra rinascimentale dei Tudor. 

Fu matematico, cartografo, filosofo, storico, astronomo e grande viaggiatore (per spirito d’avventura o necessità, resta famoso il suo soggiorno alla corte di Rodolfo II di Praga), ma le sue ricerche spaziavano anche nella medicina, nell’astrologia, nella mistica e nell’alchimia e innegabilmente era interessato alle applicazioni pratiche delle discipline a cui si dedicava. Mettere in evidenza le sue competenze ‘scientifiche’ è un lodevole lavoro di recupero ma, riducendo la magia a un “sospetto”, finisce con il provocare una tensione insanabile tra la sua identità di scienziato e quella, altrettanto reale, di mago.

Eppure la magia aveva dominato la nuova scena intellettuale europea dal XII secolo grazie alla ricostruzione del sistema astrologico greco-arabo, ma anche all’ininterrotta tradizione greco-ellenistica delle testimonianze ermetiche, e avevano avuto nel Quattrocento un fortunato rilancio.



In alto, il cristallo nel quale John Dee riteneva di poter scorgere apparizioni di spiriti e fantasmi. La pietra viaggiò per vent’anni attraverso l’Europa continentale; quindi, dalla morte di Dee, appartenne a suo figlio Arthur il quale la donò a Nicholas Culperer (1616-1654), fisico e alchimista. Culperer la usò per ottenere guarigioni miracolose fino al 1651, quando affermò di avervi visto apparire “uno spirito demoniaco che si esercitava in lascivia e altre depravazioni con donne e ragazze” (Nicholas Culpeper’s statement about John Dee's crystal, England, 1651-1658).

Sotto, lo specchio, appartenuto al pittore francese Claude Lorrain (1600-82), che si pensa fosse quello usato da Dee per predire il futuro (immagini: Science Museum).

Bibliofilo

La biblioteca di John Dee era sterminata. Prima di morire in povertà e dimenticato, sopravvissuto ad anni turbolenti, possedeva 4mila volumi, rilegati e non, stampati e manoscritti, per un peso di circa una tonnellata, nonché strumenti matematici di rara e squisita fattura, un telescopio (radius Astronomicus) alto tre metri e una pietra magnetica di 10 chili di grande valore (The Drawing Room. History of the Bibliomania, University of Adelaide, 1876). 

Molto di tutto questo è andato perduto: parte della collezione apparteneva al primo marchese di Dorchester che nel 1680 la donò al prestigioso college londinese, dove ora sarà esibita.

Fonti e altri riferimenti: A magical glimpse into the Tudor imagination: Lost library of John Dee to be revealed, culture24.co.uk; S. Clucas, John Dee: Interdisciplinary Studies in English Renaissance Thought, 2006; John Dee in 101 Treasures of Chetham’s, Chetham’s Library; P. Zambelli, L’ambigua natura della magia, 1991.

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