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Visualizzazione dei post da ottobre, 2016

Scultura e magia in Grecia

Le statue greche erano spesso considerate gli equivalenti magici del soggetto che rappresentavano, o almeno una sorta di contenitore materiale delle loro anime e personalità, e di conseguenza erano ritenute dotate di una vita propria del tutto simile per caratteristiche a quella umana: potevano parlare ed esprimere sentimenti, muoversi, ascoltare, determinare eventi e persino fare l’amore. Statua di Apollo attribuita a Prassitele, 350 aev ca., Cleveland Museum of Art,  via  Dan Diffendale on Flickr Dedalo il primo architetto Dedalo era considerato un artigiano abile a tal punto da riuscire a creare statue che si muovevano e parlavano : queste statue, se non sono legate, prendono la fuga e se la svignano, se invece sono legate, restano ferme (Platone, Menone , 97d). Discendente, secondo alcune fonti, dell’antico re attico Cecrope, fu esiliato da Atene per aver ucciso il nipote Talo e trovò rifugio a Creta, dove costruì per Minosse il mitico Labirinto .  Secondo Diodoro ( li

Le religioni del mistero. Un’introduzione

Negli anni Cinquanta si iniziarono a studiare negli ambienti accademici i  documenti gnostici di Nag Hammadi , ritrovati nell’immediato dopoguerra in Egitto; nel campo degli studi, si poneva la necessità di una riflessione sul materiale a disposizione e di un ripensamento delle categorie in cui ricadevano i cosiddetti culti misterici. Gli anni tra il 1930 e il 1940 avevano già apportato nuovi materiali e nuove ipotesi di ricerca: gli studi sul pattern o modello mitico-rituale inaugurati in Inghilterra, che ancora risentivano del comparativismo frazeriano, “ponevano ormai il tema delle religioni misteriche in una prospettiva più vasta per considerarle, una per una, nelle loro radici antiche di religioni nazionali ed etniche – Creta, Egitto, Anatolia e il resto dell’Asia anteriore, superando la limitazione ai  culti mistici e soteriologici d’età ellenistico-romana e in particolare quelli relativi a divinità di origine orientale ” come Mithra (Persia), Iside e Osiride (Egitto, Roma), Ci

Sette chicchi di melograno

Quando la giovane Proserpina venne rapita da Plutone e inghiottita in una nera voragine, sua madre Cerere iniziò una lunga e dolorosa ricerca per ritrovarla. Fu la ninfa Aretusa a rivelarle che la ragazza si trovava presso il potente re degli Inferi, triste sì, ma signora del mondo oscuro; l’aveva scorta durante il percorso che, scorrendo sotto la terra tra le acque stigie, compie tra l’Elide e la Sicilia: «A me la terra apre il cammino e, scorrendo in fondo alle grotte, sollevo il capo e rivedo le stelle inconsuete» (Ovidio, Metamorfosi , V, 504 e 501-503). Dante Gabriele Rossetti, Proserpina (via Google Arts ) Dante  La legge delle Parche Cerere si rivolge furente a Giove , padre di tutti gli dei e fratello di Plutone, il quale accetta che Proserpina torni a rivedere la luce ma a patto che non abbia infranto la legge delle Parche , che non abbia cioè ancora toccato cibo nel corso del suo soggiorno sotterraneo.  In realtà, la giovane dea, non prevedendo le conseguenze, aveva già m

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