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Politeismi neoancestrali

Ai primi del mese di novembre 2016 sul blog dell’Oxford University Press usciva questo articolo che commentava il neopaganesimo contemporaneo con l’ambivalente definizione di religione arcaica e postmoderna; neoancestrale, viene alla mente a chi ha letto il libro di Aarto Paasilinna sulla venuta in terra del figlio del dio del tuono e sulle vicende per riportare il popolo finlandese alla ‘vera’, antica fede (Il figlio del dio del tuono, Iperborea, 1984). In una veste nuova, secondo i dettami di nuove esigenze alle quali gli dèi del Firmamento, con qualche difficoltà da ‘dormienti’ ma stanchi di essere oziosi, si adattano con grande spirito.

Freyja con angeli e i suoi gatti (Freyja seekink his husband), Nils Blommér (1816-1893),
Nationalmuseum (Stockholm), via Wiki Commons

Il libro comincia così:
Il cielo dei Finnici è un immenso coperchio trapunto di stelle, posato sul perno del mondo, con la stella polare allo zenit. Là regnano i loro dèi e gli spiriti, là abitano i Finnici buoni morti da tempo. Il potere supremo è esercitato da Ukko Ylijumala, detto dio del Tuono.
Un tempo, quando il mondo era abitato soltanto dai Finnici e non esistevano altri popoli, il dio del Tuono regnava su tutti gli esseri viventi della terra e del cielo. Era il re del Firmamento, signore delle acque e della terra. Ed era cosa buona.

Ma i tempi cambiano sia nel cielo che sulla terra. Oggi i finnici non sono che un granello in questa grande terra e molti di loro non sanno nemmeno che il loro pantheon esiste ancora.
In Finlandia, gli adoratori degli antichi dèi non sono più di cinquecento, e nessuno di loro osa professare apertamente la propria fede temendo di andare incontro a seri dispiaceri.
Quella di ridefinire una nuova idea di religione è una sfida per le molteplici, variegate e, sembra, sempre più numerose realtà ‘neoancestrali’. Il pattern può essere una nuova e originale costruzione di elementi mitico-rituali dalle provenienze più svariate quanto la rilettura fedele degli antichi politeismi. Le pratiche contemporanee sono rimodellate più o meno letteralmente dai testi classici come l’Iliade e l’Edda, che non sono mai stati percepiti, neanche ai tempi d’oro degli studi sulle lettere classiche, più attuali.

Wicca, druidismo, politeismo germanico ma anche baltico, italico, greco e slavo si combinano con le tradizioni indigene e tribali di popoli e culture che sembrano con questo voler recuperare una storia e un’identità dimenticate e, per vari motivi, soffocate.

Panoramica

Nel mondo di lingua anglosassone da diversi decenni ormai Wicca è sinonimo di neopaganesimo, radicato nell’idealizzazione della natura e di luoghi selvatici vagheggiati romanticamente, in un’etica ambientalista che rifiuta una visione utilitaristica del mondo e nella considerazione di un ‘principio femminino’. Tratteggiata nei suoi principi fondamentali attorno alla metà degli anni ’50 da Gerald Gardner (1884-1964), nelle intenzioni del suo fondatore la Wicca non era destinata a diventare un fenomeno di massa, quanto un ‘culto misterioso’ in senso classico praticato da pochi iniziati che avrebbero seguito un calendario lunare e tributato un culto a una Dea simbolizzata dalla luna e a un Dio dalle fattezze caprine, ed esercitato la magia. La Wicca, che può essere praticata singolarmente o in gruppo, si è presto diffusa anche nei paesi latini e nell’Europa sia occidentale che orientale, dando impulso a un retroterra ‘neopagano’ che già dalla metà del XVIII secolo aveva prodotto nelle isole britanniche la costituzione di diverse confraternite druidiche.

Nell’Europa dell’Est e nei paesi dell’ex Unione Sovietica si assiste alla formazione di diversi gruppi che, in contrasto con la marcata tendenza individualista della Wicca, dichiarano di esprimere l’identità delle intere popolazioni baltica e slava. Tra i primi, i movimenti sorti nelle nazioni baltiche della Lattonia e Lituania dopo il collasso della Russia imperiale hanno offerto la possibilità di un recupero delle tradizioni locali quali esistevano prima della cristianizzazione nel tardo Medioevo. In Lettonia, il gruppo pagano Dievturi ha promosso nuovi studi sul materiale folcloristico delle tradizioni religiose precristiane attraverso il recupero della musica e dei canti popolari (dainas), delle antiche arti e dei beni archeologici, delle pratiche medicinali e di altre tecniche; uno dei leader più famosi del Dievturi, Ernests Brastinš (1892-1942), fu arrestato e giustiziato dopo l’entrata nel paese dell’Armata rossa.

Allo stesso modo in Lituania nel XIX secolo si assiste a un recupero delle tradizioni popolari a diffusione orale e delle antiche pratiche, riti e feste che nel secolo successivo andranno a comporre il quadro di una ‘ricostruzione’ culturale vivificata da una ritrovata coscienza di sé; la nuova religione Romuva fondata nel 1911 da Domas Šidlauskas Visuomis (1878-1944) fu, come il paese venne annesso all’Unione sovietica, dichiarata fuorilegge e riuscì a resistere solo per vie clandestine o tra le comunità di immigrati in Nord America. Con la conquista dell’indipendenza, Romuva è stata riconosciuta come nuova religione (‘non tradizionale’) dal governo nazionale.

Oggi persino la Russia ha i suoi movimenti religiosi tradizionalisti che, a parere di chi vi appartiene o simpatizza, rappresenterebbero la ‘vera spiritualità russa’ a differenza della tradizione ortodossa, mentre gruppi simili si affacciano sulla scena religiosa di Ucraina, Polonia, paesi scandinavi e Islanda, dove i seguaci di Ásatrú e del pantheon norvegese hanno inaugurato nel 2015 la costruzione di un nuovo tempio agli antichi dèi.

La sfida è una nuova idea di ‘religione’ che implica il riconoscimento dell’esistenza di una molteplicità di divinità, ciascuna nel proprio campo di azione e legata alla propria provenienza storica e culturale; non esistono profeti né testi sacri, sebbene sia stata prodotta una pletora di libri, manuali, contributi accademici, riviste e (in tempi di internet) materiale informatico tra blog e siti della più varia natura.

Gli dèi non sono inconoscibili ma questo non toglie nulla alla loro divinità, l’immanenza di cui sono capaci non è una debolezza della loro natura verso le sfere della manifestazione materiale; l’uomo e i suoi dèi sono in relazione reciproca e il divino ruota tutto attorno al ‘mistero’ di questo intimo rapporto (Se c’è qualcosa da dire sul divino, ciò riguarda il suo rapporto con esso.  K. Kerényi, Rapporto con il divino e altri saggi, Bompiani 2014 I ed. 1955, p.39).

I pagani ritengono che le divinità possano manifestarsi in molti modi: attraverso una partecipazione rituale si può essere ‘cavalcati’ dal dio, così come le espressioni artistiche, le esperienze estatiche e mistiche possono aiutare a istituire una ‘comunicazione’ con l’extra-umano secondo una direttrice ‘orizzontale’ piuttosto che ‘verticale’; sebbene si riconosca la fallibilità degli umani, le religioni neopagane non paventano la dannazione di alcun inferno.

Il paganesimo contemporaneo è fluido. Si può essere iniziati al Voudu e allo stesso tempo prendere parte a un rituale di derivazione nordeuropea. Non è rivelatorio ma relazionale: il bagaglio mitico-rituale è una costruzione personale e originale che non obbedisce a una verità assoluta, ma alle esperienze di ciascun praticante. Persino il termine ‘culto’ si riveste di una certa problematicità perché implicherebbe una ‘sottomissione’ a una qualsivoglia autorità e per questo si preferisce dire ‘onorare’.

In fortunato incremento, le religioni politeiste, tribali e tradizionali agiscono per una causa comune nello scenario interconnesso di questi nostri tempi. Senza alcun dogma, dio assoluto, verità scritta o mandato di conversione, sono oggi rinnovato oggetto di interesse da parte delle scienze umane e del grande pubblico che, a differenza degli anni svagati della New Age, si dimostra più attento e, in media, più colto.

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